Il Genji monogatari è stato tradotto per la prima volta in inglese – e quindi reso accessibile al pubblico occidentale – da Arthur Waley tra il 1921 e il 1933. Waley si prese molte libertà sul testo del Genji, reinterpretando, aggiungendo e sottraendo per rendere l’opera più comprensibile ai suoi contemporanei.
Il risultato è un romanzo dalla prosa elegante, lodato all’interno dei circoli culturali, di grande popolarità, ma distante dall’originale nel contenuto.
Edward G. Seidensticker si cimenta a sua volta nella traduzione del romanzo tra il 1959 e il 1974. Pur ammirando Waley e apprezzando l’eleganza della sua scrittura, Seidensticker sente la necessità di rendere all’opera di Murasaki una voce più simile a quella dell’autrice, un ritmo più fedele a quello del testo di partenza.
La terza traduzione in inglese del Genji monogatari, realizzata da Royall Tyler e pubblicata nel 2001, arriva in un momento di nuova attenzione per la letteratura giapponese, che trova quindi più spazio nell’editoria. Questa situazione dà maggior libertà al traduttore nell’uso di annotazioni e spiegazioni a piè di pagina, unite a una prosa che mantiene un equilibrio tra l’eleganza di Waley e la fedeltà di Seidensticker.
Un confronto pratico fra le tre versioni di passaggi del testo, o fra le scelte effettuate da ogni traduttore nella resa delle poesie e nell’uso dei nomi per i personaggi dà un’idea precisa di quanto siano diversi i testi che leggiamo quando ci avviciniamo al Genji monogatari in traduzione.
Arianna, una lettrice del blog e della pagina Facebook, ha realizzato una tesi di laurea dedicata all’argomento ed è stata così gentile da farmela leggere, e da permettermi di condividerla con voi.
Il lavoro di Arianna contestualizza il Genji, fa luce sulla scoperta dell’opera in Occidente al tempo del giapponismo, e si concentra sulle tre traduzioni in inglese. Personalmente ho trovato molti spunti di riflessione interessanti che vorrò approfondire con ulteriori ricerche, e sono davvero felice di poter condividere con voi questa lettura.
Il testo è scaricabile in formato PDF cliccando sul link sottostante. Un enorme grazie ad Arianna, e a tutti voi buona lettura!
Condivido dui una lista delle principali recensioni alle traduzioni del Genji in lingua inglese, con inclusa una recensione alla traduzione francese:
1. Sulla traduzione di Arthur Waley (1925-1933):
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Virginia Woolf (1925). “The Tale of Genji.The First Volume of Mr. Arthur Waley’s Translation of a Great Japanese Novel by the Lady Murasaki”
in: «Vogue» 66, 2 (Late July, 1925)
Marian Ury (1976). “The Imaginary Kingdom and the Translator’s Art: Notes on Re-Reading Waley’s Genji”
in: «Journal of Japanese Studies», 2(2), pp. 267-294
http://www.jstor.org/stable/132055
Valerie Henitiuk (2008). “Going to bed with Waley: How Murasaki Shikibu does and does not become World Literature”
in: «Comparative Literature Studies», 45, 1, pp. 40-61
http://www.jstor.org/stable/25659632
2. Sulla traduzione di Edward Seidensticker (1976):
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V.S. Pritchett (1977). “Broken Blossoms”
in: «The New York Review of Books», 3 February 1977
http://www.nybooks.com/articles/1977/02/03/broken-blossoms/
Edward Cranston (1978). “The Seidensticker Genji”
in: «Journal of Japanese Studies», 4(1), pp. 1-25. http://www.jstor.org/stable/132070
Helen McCullough (1977). “The Seidensticker Genji”
in: «Monumenta Nipponica», 32(1), pp. 93-110. http://www.jstor.org/stable/2384074
Marian Ury (1977). “The Complete Genji”
in: «Harvard Journal of Asiatic Studies», 37(1), pp. 183-201.
http://www.jstor.org/stable/2718669
D. E. Mills (1978). “The Tale of Genji by Murasaki Shikibu, Edward G. Seidensticker”
in: «Modern Asian Studies», 12(4), pp. 679-684
http://www.jstor.org/stable/312374
Masao Miyoshi (1979). “Translation as Interpretation”
Reviewed Work: The Tale of Genji. by Murasaki Shikibu, Edward G. Seidensticker
in: «The Journal of Asian Studies», 38(2), pp. 299-302. http://www.jstor.org/stable/2053421
3. Sulla traduzione in francese di René Sieffert (1988):
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Marian Ury (1991). “Tales of Genji”: Review: The Splendor of Longing in The Tale of Genji by Norma Field; Murasaki Shikibu: The Tale of Genji by Richard Bowring; The Bridge of Dreams: A Poetics of The Tale of Genji by Haruo Shirane; Le Dit du Genji by René Sieffert
in: «Harvard Journal of Asiatic Studies», 51(1), pp. 263-308.
http://www.jstor.org/stable/2719247
4. Sulla traduzione di Helen Craig McCullough (1994):
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Thomas Rohlich (1995). “Genji and Heike: Selections from `The Tale of Genji’ and `The Tale of the Heike’. by Helen Craig McCullough”
in: «Monumenta Nipponica», 50(3), pp. 387-389.
http://www.jstor.org/stable/2385551
Aileen Gatten (1998). “Genji Monogatari (The Tale of Genji) ; Heike Monogatari (The Tale of Heike)”
in: «Monumenta Nipponica», 53(3), pp. 388-392. http://www.jstor.org/stable/2385724
5. Sulla traduzione di Royall Tyler (2001):
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Edward Kamens (2003). “‘A Beautiful, Quiet World’? ‘The Tale of Genji’ and Its English Translations”
in: «Journal of Japanese Studies», 29(2), pp. 325-339
http://www.jstor.org/stable/25064406
Midorikawa Machiko (2003). “Coming to Terms with the Alien: Translations of ‘Genji Monogatari'”
in: «Monumenta Nipponica», 58(2), pp. 193-222. http://www.jstor.org/stable/25066214
Valerie Henitiuk (2008). “Going to bed with Waley: How Murasaki Shikibu does and does not become world literature”
in: «Comparative Literature Studies», 45(1), pp. 40-61. http://www.jstor.org/stable/25659632
6. Sulla traduzione di Dennis Washburn (2015):
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Ian Buruma (2015). “The Sensualist. What makes ‘The Tale of Genji’ so seductive”
in: «The New Yorker», 20 July 2015
http://www.newyorker.com/magazine/2015/07/20/the-sensualist-books-buruma
John Nathan (2016). “Who Can Put Across Genji?”
in: «The New York Review of Books», 14 January 2016
http://www.nybooks.com/articles/2016/01/14/who-can-put-across-genji/
Interessante fare confronti tra Tyler e Orsi, per es. relativamente all’uso del discorso diretto libero per rendere il monologo interiore come fa Tyler nell’esempio proposto a pag. 101 della tesi, tratto dal cap. XIII (Akashi). Ho confrontato la traduzione di Tyler (p. 268) con la traduzione di Maria Teresa Orsi (pp. 294-295) e ho notato questo: in quel caso Orsi non usa il discorso libero ma la strategia tradizionale della resa del monologo alla terza persona, raccontato con le parole di un narratore onnisciente. Da questo punto di vista potremmo quindi preferire la soluzione di Tyler. Tuttavia a parte questo la traduzione di Tyler può essere inferiore alle altre sotto altri punti di vista. Per es., se si approfondiscono i confronti, allargandoli anche alla traduzione di Helen McCullough (1994) per ottenere una sorta di triangolazione, si nota che a Tyler può capitare di abbreviare troppo e quindi di lasciarsi sfuggire dei riferimenti poetici finendo per banalizzare il testo. Per es. l’inizio di quello stesso passaggio in Tyler è così: «At Akashi there was as always something new in the autumn wind…» da confrontare con McCullough: «At Akashi, the shore wind blew with the special loneliness of autumn and Genji…» (p. 203). Orsi: «Ad Akashi, come ogni anno quando giunge l’autunno, il vento della spiaggia penetrava nel cuore più che mai…» (p. 294). Se ci fidiamo del fatto che quando due traduzioni di traduttori diversi risultano simili sono più vicine al testo originale, allora dobbiamo concludere che in quel caso la traduzione di Tyler è troppo abbreviata e per nulla poetica.