Capitolo 21 – Poesie

P. 549, Genji ad Asagao:
Non pensavo davvero che come un’onda nel vortice della marea sareste tornata così presto, orfana a lutto travolta dal precipitoso fiume del vento.
Risposta:
Mi sembra ieri che ho indossato per la prima volta la mia veste scura; ma ora lo stagno dei giorni si è trasformato in un torrente in piena dove presto mi libererò dal mio dolore.

P. 564, To no Chujo:
Basta il soffio più lieve a spogliare i rami d’autunno.

P. 564, To no Chujo:
Non può essere stata la musica della mia cetra a commuoverle. Quantunque ne siano ignare, è stata la triste bellezza di questa sera d’autunno a far sgorgare le loro lacrime.

P. 578, Yugiri a Kumoi:
Pallida era la veste che mi fecero indossare; ma lacrime di sangue da lungo tempo l’hanno macchiata di un colore che nessuna parola d’uomo oserebbe deridere.
Risposta:
Duramente sospinti come siamo e contrastati ad ogni ora, come può il nostro amore spingersi in alto e vestirsi di una tonalità più cupa?

P. 578, Yugiri:
Compatta è la mia infelicità come questo buio cielo che giorno dopo giorno ha rappreso le acque della terra in ghiaccio e neve.

P. 581, Yugiri alla danzatrice Gosechi, figlia di Koremitsu:
Potete pure diventare ancella della Principessa del Colle Eterno che dimora al di sopra dei cieli, non dovete scordare che stanotte ho aspettato alle vostre soglie.

P. 582, Genji a Dama Gosechi:
Siate grata che sulle Fanciulle del Cielo il tempo non lascia traccia; ma per me, su cui tanto tempo addietro avete fatto volare la vostra manica di danzatrice, gli anni e i loro danni trascorrono altrettanto vorticosi.
Risposta:
Non occorreva che la vostra parola per riportarli indietro, quei giorni d’inverno; sebbene da lungo tempo sia avvizzita la ghirlanda che li incoronava di gioia.

P. 583, Yugiri alla danzatrice Gosechi, figlia di Koremitsu:
Pur celato com’ero, come può la Fanciulla del Cielo non essersi accorta di quant’ero rapito davanti all’ondeggiare delle sue maniche alate?

P. 588, Genji a Suzaku:
Torna la primavera, e nuovamente i teneri uccelli gorgheggiano come quelli di un tempo; ma mutati e orfani sono quelli che siedono sotto l’albero in fiore.
Risposta:
Oggi gli usignoli sono venuti ad annunciarmi la primavera. Perché neppure un raggio di sole aveva attraversato le nebbie che escludono la mia dimora da eremita dalle orgogliose pompe del mondo.

P. 589, Sochi no Miya riferito a Ryozen:
Non parlate di cambiamenti; immutato nel volgere dei tempi il flauto conserverà il suo canto, lo conserveranno gli usignoli che in primavera cinguettano sui rami oscillanti.
Risposta di Ryozen:
Se ancora si ode un canto di uccello, se ancora qualche stanco fiore smalta l’albero, non è se non in memoria dei giorni più felici quando la Virtù era legge del mondo.

P. 596, Akikonomu a Murasaki:
Sebbene il vostro sia un giardino che non conosce se non il pregio della primavera, lasciate che dalla mia casa l’autunno mandi una foglia purpurea nella vostra mano.
Risposta:
La foglia leggera si disperde al vento, e della vantata primavera non ci rimane un solo colore, tranne là dove il pino si aggrappa al suo ciglio di pietra.

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