immagine da Masao Ebina
PERSONAGGI PRINCIPALI
– Genji
– Akikonomu
– Ex Imperatore Suzaku
– Fujitsubo
– Imperatore Ryozen
– To no Chujo
– Dama Chujo (弘徽殿女御 Kokiden no nyōgo): figlia di To no Chujo e della sua moglie legittima, risiede presso la Corte dell’Imperatore Ryozen. (In realtà si chiama Kokiden, ma in questa versione le viene attribuito un nome che ricorda il padre per non confonderla con la matrigna di Genji)
– Murasaki
– Sochi no Miya (蛍兵部卿宮 Hotaru Hyōbukyō no Miya): Principe, fratellastro di Genji
RIASSUNTO DEL CAPITOLO
All’approssimarsi della Presentazione a Corte di Akikonomu Suzaku, abbattuto perché la fanciulla è stata promessa ad un altro, le invia doni e messaggi a cui ella risponde con toni gentili.
L’ingresso a Corte della giovane si svolge nel più grande sfarzo; l’Imperatore è piacevolmente colpito da lei ma, a causa della minore differenza di età, continua a preferire come compagna di giochi Dama Chujo, figlia di To no Chujo.
Ryozen ha una grande passione per la pittura ed essendo Akikonomu un’abile disegnatrice riesce ad attirare la sua attenzione. Nasce così una rivalità tra le due ragazze a Corte e To no Chujo, per favorire la figlia, fa dipingere dai migliori artisti dell’epoca illustrazioni che possano colpire il Sovrano. Genji offre alla sua protetta pitture della sua collezione tra cui quelle che egli stesso aveva eseguito durante l’esilio; riguardandole lui e Murasaki si lasciano andare ai malinconici ricordi dei tempi in cui erano stati separati.
Le Dame di Corte si dividono riguardo alle opere proposte dalle due fanciulle e si formano due fazioni; Fujitsubo propone quindi di organizzare una gara di dipinti alla presenza dell’Imperatore.
To no Chujo si prodiga per procurare alla figlia le opere più moderne e d’effetto, mentre grazie al supporto di Genji e Suzaku Akikonomu vanta una bella collezione di classici.
Il Principe Sochi no Miya, fratellastro di Genji, è invitato alla gara e viene designato giudice in virtù delle sue conoscenze artistiche. La competizione procede senza che nessuno dei due partiti abbia la meglio finché non vengono mostrate le opere di Genji a Suma, che immediatamente danno la vittoria ad Akikonomu.
La nottata procede tra racconti, bevute, improvvisazioni musicali; alla fine del ritrovo a tutti vengono distribuiti splendidi doni.
Genji, ancora ossessionato dalla precarietà del mondo, continua a pensare di prendere i voti ma troppe preoccupazioni terrene, tra cui quelle riguardanti il futuro dei figli, glielo impediscono.
COMMENTO
Genji aveva un vivo presentimento che in fatto di cerimoniale e di feste di Corte, questo regno era destinato a servire di modello per i tempi a venire. E per tal motivo, anche nei passatempi e nei ricevimenti privati, metteva la massima cura affinché tutto si svolgesse nel modo più perfetto, adeguato e piacevole. Perciò durante quel periodo la vita di Corte divenne una lunga serie di pompe e di feste squisitamente allestite. (P. 471)
Questo capitolo è un chiaro esempio dei passatempi preferiti dai cortigiani dei periodo Heian: ammirazione delle opere d’arte, banchetti, concerti improvvisati, scambi di poesie.
Liberi da incombenze politiche l’Imperatore e le persone a lui vicine si dedicano al culto della bellezza, in questo caso rappresentata da splendidi dipinti.
Murasaki dà un ottimo quadro degli artisti in voga e delle opere letterarie che erano già allora considerate dei classici – alcune delle quali non ci sono pervenute – fornendo anche, tramite le parole dei suoi personaggi, degli interessanti spunti critici e, probabilmente, la propria opinione a riguardo.
Tra le opere che ancora oggi conosciamo sono citati il Taketori monogatari (Storia di un tagliabambù) e l’Ise mongatari (I racconti di Ise).
CITAZIONI
Anche chi li vedesse ignorando del tutto le circostanze in cui erano stati fatti, se appena s’intendeva di queste cose sarebbe subito rimasto profondamente commosso da quei disegni. Si può dunque immaginare con quanta emozione li guardasse una donna, per la quale ogni scena era una risposta alle domande e alle ansie di un brutto sogno da cui pareva che non ci si potesse più ridestare. (P. 459)
Forse il sapere conferisce inevitabilmente un così grande appannaggio di stima da parte del mondo, che per ristabilire l’equilibrio il dotto, quando superi un certo grado di sapienza, è costretto a pagare i suoi invidiabili raggiungimenti con la malattia o con la povertà. (P. 468)
L’immenso mare si stendeva intorno a me da ogni parte; cominciai ad apprenderne i segreti, a entrare in una tale intimità con tutti i suoi umori e aspetti, che se talvolta i miei disegni sono insufficienti non è perché mi manchi la comprensione, ma perché alla fine veniva il momento in cui il mio pennello non era più all’altezza delle visioni che mi occupavano il cervello. (P. 469)